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IL SETTIMO CONTINENTE: L’ISOLA DI PLASTICA

A cura di Micaela Munno

Nel mondo vengono prodotti circa 100 miliardi di chilogrammi all’anno di plastica, dei quali il 10% finisce in mare depositandosi sul fondo degli oceani. Tale accumulo ha creato un’enorme isola di rifiuti di plastica che galleggia nell’Oceano Pacifico, indicata tra i peggiori disastri ambientali della storia.

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Quanta plastica consumiamo ogni girono? È una domanda a cui è difficile rispondere eppure inconsciamente veniamo a contatto, costantemente, con centinaia di materie plastiche. Quotidianamente 600 milioni di bottiglie di plastica finiscono in discarica insieme a flaconi e contenitori che a parità di peso occupano uno spazio di gran lunga superiore rispetto agli altri rifiuti e rientrano tra i materiali praticamente indistruttibili che, pur essendo riciclabile, non sempre viene recuperato.

Gli scienziati stimano in un periodo che va dai 400 ai 1000 anni la permanenza della plastica nell’ambiente. Essa non si biodegrada ma si foto-degrada scomponendosi in particelle tossiche sempre più piccole che contaminano il suolo e i mari entrando nella catena alimentare poiché ingerite da animali terresti e marini. La produzione di plastica peraltro assorbe l’8% della produzione mondiale di petrolio. Fino ad oggi ciascuno di noi ha consumato 30 kg/ anno di plastica e si stima un aumento nei consumi che ci farà arrivare a 100 kg/anno.

L’Italia è il primo Paese in Europa e il terzo nel Mondo per consumo di acqua in bottiglia dietro Arabia Saudita e Messico. Solo nel 2011 sono state consumate nella Penisola 6 milioni di bottiglie di plastica. Esiste, inoltre, un continente di spazzatura dove la plastica si è maggiormente accumulata: “Pacific Trash Vortex”, isola di plastica situata nel Nord del Pacifico.

Pacific Trash Vortex

Pacific trash vortex, così viene chiamata l’isola di plastica. Scoperta il 3 luglio del 1997 da Charles Moore, un velista americano che dopo una regata alle Hawai rientrando con il suo catamarano “Arguita” decide di cambiare rotta rispetto a quella solita.

Vira verso nord, verso una zona poco battuta perché soggetta a strane correnti marine e povera di pesce ed ecco che in un tratto di oceano, tra il Giappone e le Hawai, scopre qualcosa di imprevedibile un’ immensa isola di rifiuti e detriti.

Questa immensa massa di spazzatura occupa una superficie probabilmente superiore 2 volte a quella degli Stati Uniti, dal peso di 3,5 milioni di tonnellate, formato all’80% di plastica la cui quantità è triplicata negli ultimi decenni.

È classificata tra i peggiori disastri ambientali della storia e continua a crescere inarrestata, affermandosi la più grande discarica del Pianeta. In quest’area la percentuale di micro particelle di plastica in acqua è almeno 6 volte superiore a quella dello zooplancton. Nel giugno 2006 un programma ambientale dell’ONU ha stimato che ci siano una media di 20,000 frammenti di plastica presenti in ogni km quadrato di superficie oceanica.La media passa a 400,000 frammenti nelle aree più contaminate.

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Effetti sull’ambiente

LA PLASTICA come i diamanti è PER SEMPRE!! (Charles Moore- Algalita)

Secondo la ONG Greenpeace, il 10% delle tante tonnellate di plastica prodotte ogni anno finisce in mare. Solo un quinto viene gettato dalle imbarcazioni e dalle piattaforme, mentre il resto arriva dalla terra ferma, sospinto dal vento o trascinato da scarichi di acqua e fiumi.

L’enorme quantità di plastica dispersa negli oceani a livello globale produce particelle nocive che vengono liberate nelle acque. Allo stesso tempo la plastica e i suoi frammenti agiscono come spugne assorbendo tutti gli inquinanti chimici dispersi  in acqua che accumulano in concentrazioni fino ad 1 milione di volte superiori a quelle presenti in acqua. Residui plastici vengono ritrovati sempre più frequente nello stomaco di tartarughe marine, balene, delfini, foche.

La dieta quotidiana di oltre 260 specie marine è ormai a base di petrolio e i suoi derivati, che inevitabilmente saliranno la catena alimentare fino ad arrivare a noi. Il danno alla salute dell’uomo può giungere attraverso due vie principali: una è quella delle diossine prodotte dall’incenerimento della plastica, che si legano ai sedimenti e ai materiali organici nell’ambiente e vengono assorbite dai tessuti grassi umani e animali; l’altra via è attraverso l’ingerimento, sempre attraverso la catena alimentare, delle microparticelle di plastica date dalla frantumazione dei rifiuti in mare. Oltre al petrolio ingerito per bocca, i danni della plastica passano anche per altre vie.

Alcuni additivi utilizzati nel processo di produzione della plastica, come il bisfenolo A e gli ftalati, l’uno per indurire la plastica contenuto all’interno di barattoli, lattine, l’altro per ammorbidirla, presente in pellicole per alimenti, cosmetici, prodotti per igiene personale, rientrano nella categoria dei cosiddetti “ disturbatori endocrini”.

Questi disturbatori endocrini, sostanze di sintesi che vengono assorbite dall’organismo attraverso l’epidermide, provocando danni a lungo termine, sono messi in relazione con alcuni tipi di cancro, diabete, disturbi cardiaci, problemi di fertilità, obesità, autismo.

Cosa Fare

Ciascuno di noi può fare qualcosa per ridurre l’impatto sull’ambiente. Sebbene la diffusione della raccolta differenziata sia un passo utile ed importante, per quanto riguarda i rifiuti in plastica l’unico modo efficacie per ridurne l’impatto è diminuire il consumo, e dunque la produzione, di imballaggi in plastica. Consigli utili:

  • per fare la spesa preferire i sacchetti di tela riutilizzabili a quelli in plastica e bioplastica;
  • preferire i prodotti con poco imballaggio, quelli sfusi, in confezioni “formato famiglia”, o con contenuto ricaricabile;
  • non abusare di prodotti “usa e getta”, la cui apparente economicità e praticità non tiene conto dei costi sociali e gli impatti ambientali correlati;
  • preferire l’acqua del rubinetto a quella imbottigliata;
  • preferire prodotti con marchi ambientali.
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